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Benvenuto nel blog della Scrivente Errante! 

Uno spazio dove conoscere una Mamma, AUTRICE degli ARTICOLI e delle RECENSIONI che troverete su questo blog, appartenente alla generazione dei Millennials di due bambine Cosmopolite, a cui spero di poter dare gli strumenti per realizzare i loro sogni ed essere FELICI! 

Un sogno, un ricordo, una voce

  • Immagine del redattore: Mafalda
    Mafalda
  • 30 lug
  • Tempo di lettura: 2 min


Stanotte ho fatto un sogno. O forse, più onestamente, un incubo — almeno a giudicare da come mi sono sentita durante e soprattutto dopo.

Ho sognato i miei compagni delle medie, ormai adulti, riuniti per attività di team building. Dovevamo prenderci per mano e formare un cerchio. Ma quando è arrivato il turno di Marco Enrico, lui si è tirato indietro, mostrando apertamente disgusto nei miei confronti.

In un istante mi sono tornati alla mente tutti i momenti in cui mi aveva fatta sentire stupida, inferiore. Come quel giorno in cui, durante una lezione di matematica, al mio timido “non ho capito”, la professoressa rispose, ridacchiando: “È normale per te, Alessia.” E lui, ovviamente, rise di gusto.

Ma poi ho ricordato anche un momento diverso. Era la consegna della prima (e unica) verifica di tecnica. La professoressa Stasi, come usava fare, partì dai voti più bassi, salendo fino agli alti. Il mio nome non compariva tra gli insufficienti. Lo stupore della classe — e di Marco — era palpabile. Arrivata al solito “ottimo”, la professoressa si fermò, poi chiese chi non avesse ancora ricevuto il compito. Alzai la mano, tremante, con le lacrime già pronte a traboccare. Avevo studiato, avevo fatto gli schemi, ripetuto ovunque: a casa, a scout, camminando. Avevo dato tutta me stessa. Se quel compito era andato male, allora ero davvero stupida. E brutta. E sola. Mai avrei avuto una famiglia felice, nessuno mi avrebbe mai voluto bene.

E invece… c’era un DISTINTO in rosso, all’inizio del compito. La professoressa mi sorrise: “Si vede che, se vuoi, sai studiare.”In quel momento ho capito che non ero stupida. Forse Marco Enrico era davvero più intelligente, magari oggi parla con Trump ogni giorno e controlla il 60% dei capitali del mondo. Ma anche io valgo qualcosa.

Il mio problema è che non sono competitiva. Io non voglio vincere contro qualcuno, voglio crescere con gli altri. Sono ambiziosa, sì, ma cerco di arrivare in alto guardando chi ci arriva con grazia, senza fatica. Quelli che non hanno bisogno del dizionario, che sanno l’etimologia delle parole, che capiscono Excel senza averlo mai aperto. Io ci arrivo, ma con fatica. Non perfetta, ma distinta.




 
 
 

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